PALAZZO DEI PIO


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Da castello a palazzo: la residenza di Alberto III Pio

L’intervento di Alberto Pio, a prescindere dall’importanza sia dell’area del palazzo interessata ai lavori (ala nord) sia delle nuove soluzioni architettoniche introdotte (il cortile e la facciata di ponente) ma anche di carattere decorativo, mostra una nuova prospettiva e nuovi punti di riferimento culturali che hanno reso la rocca medievale dei Pio, già agli occhi dei contemporanei, un palazzo signorile sede di una delle corti più vive e interessanti (nonché aggiornate) dell’area padana. I lavori nel palazzo inoltre assumono un maggior valore se contestualizzati nel quadro più ampio del progetto complessivo del principe su Carpi: trasformare la sua “terra” in “città”, con l’elezione di Carpi a sede vescovile.
In questo panorama assume un ruolo determinante l’intervento sul palazzo, che va quindi letto e analizzato, oltre che nel contesto delle trasformazioni urbanistiche (realizzate e non) di quel periodo, anche in relazione alla situazione dell’edificio prima dell’intervento di Alberto Pio per capire quanto lui mantenga o alteri delle strutture precedenti.
Rispetto ai suoi predecessori quello che cambia è il concepimento di un progetto complessivo di risistemazione della propria residenza in un contesto urbano che va adattandosi alle nuove esigenze del signore di rappresentanza e autocelebrazione. L’esigenza, anche politica, di Alberto è di avere una corte forse piccola ma di prestigio anche dal punto di vista architettonico e artistico, uno degli elementi strategici per svolgere con credibilità il proprio ruolo diplomatico presso il papa e i regnanti europei.
Le caratteristiche fondamentali dell’intervento di Alberto Pio sono il cambiamento di ruolo e di funzioni dell’edificio (da rocca a palatium) e la ricerca di nuovi riferimenti urbanistici per la sua residenza (una nuova piazza con una nuova chiesa, collegiata, e non l’antico castrum con la pieve).
A questo si aggiunge l’utilizzo di modelli architettonici e artistici più aggiornati (le committenze a Baldassarre Peruzzi e le decorazioni dei due appartamenti nobili) rispetto alle scelte dei suoi predecessori, sebbene il principe abbia un rispetto sostanziale dell’impostazione strutturale antica (per esempio la suddivisione delle zone residenziali a nord e a sud sulla linea occidentale), scegliendo preferibilmente di aggiornare le decorazioni e di inglobare e trasformare edifici e funzioni piuttosto che radere al suolo intere aree del palazzo.
A questa modalità di intervento si rifanno i lavori alle decorazioni dei due appartamenti nobili, attraverso l’opera di Giovanni del Sega, e la “riconversione” delle funzioni delle due torrette angolari costruite da Marco II intorno al 1480. Gli unici, fondamentali, nuovi inserimenti architettonici, sebbene realizzati con modalità diverse tra loro rispetto al preesistente, sono la facciata di ponente e il cortile d’onore, che rivelano un diretto e stretto rapporto con le trasformazioni urbanistiche avviate in quegli anni (soprattutto con l’assetto della nuova piazza).
Le scelte decorative sono strettamente legate al progetto complessivo di risistemazione del palazzo dei Pio, in base al quale l’aggiornamento decorativo doveva andare di pari passo agli interventi architettonici. E così il percorso ideale di ingresso al palazzo, che attraversa la piazza, il cortile, lo scalone e il loggiato, si concludeva nel grande salone - attuale sala dei Mori - che presenta una decorazione in cui predominano elementi iconografici innovativi del palazzo: l’utilizzo della prospettiva in chiave architettonica e la ripresa di motivi dall’antico, che culminano in una finta collezione antiquariale con la riproduzione di sculture antiche reali, che il principe doveva avere visto a Roma.
Seguendo la presenza di questi e altri elementi decorativi, è possibile tracciare una sorta di “mappa” delle aree di intervento di Alberto Pio sul palazzo, che si sviluppano essenzialmente intorno al cortile d’onore: la zona più nobile dei due appartamenti a nord, la nuova facciata di ponente, le sale al primo piano a ridosso dell’ala meridionale del cortile e probabilmente collegate alla loggia del primo ordine. Quindi un vero e proprio progetto di complessiva ridefinizione e riqualificazione degli spazi del palazzo che non fu tuttavia terminato e che sembra interessare solo una porzione, per quanto ampia, del complesso residenziale della famiglia. Cosa che non stupisce se pensiamo che fino al 1509 Alberto Pio governa su Carpi in condominio con gli Estensi, che occupano presumibilmente la zona sud dell’antico castello, su cui hanno progetti propri di intervento, in cui intervenne probabilmente l’architetto ferrarese Biagio Rossetti.
Ne emerge una concezione grandiosa, aggiornata alle novità dei cantieri della Roma papale e delle principali corti dell’area padana e non (la Mantova dei Gonzaga e la Ferrara degli Estensi, ma anche l’Urbino di Federico da Montefeltro), ma nella maggior parte dei casi con realizzazioni di mediocre qualità, dovute all’affidamento ad artisti di non eccelse capacità coadiuvati da maestranze locali poco preparate se si escludono alcune eccezioni, alla scarsità di mezzi e risorse e alla pessima qualità dei materiali utilizzati.
Un’attenzione diversa merita invece l’intervento architettonico sul palazzo, la maestosa facciata rinascimentale e il cortile d’onore in particolare.
Cosa ci fosse in questo ampio spazio prima della costruzione del cortile non è dato sapere. Non aiuta il catasto del 1472, in quanto le aree di pertinenza del signore non sono censite né definite. D’altro canto non sono mai stati svolti saggi di scavo nell’area del cortile, che consentano di individuare eventuali resti di strutture precedenti. Senz’altro risulta intaccato dalla costruzione del nuovo cortile l’antico accesso al castello rivolto a levante. Nel vano più settentrionale della sala attualmente denominata ex Poste, è ancora visibile una parte delle strutture dell’antico porticato che si affacciava sui retrostanti giardini, le cui volte sono state interrotte irregolarmente dall’inserimento del muro del cortile, che si presenta peraltro ad un livello di circa due metri al di sopra del piano di questo porticato (quattrocentesco). Altre tracce di antiche strutture sono visibili nel cortiletto del Passerino, sul lato nord del cortile, dove si vedono archi tamponati e muri interrotti che si può ipotizzare facessero parte della Rocca di Giberto, peraltro già modificata intorno al 1460-1470 con l’edificazione della cosiddetta Rocca Nuova.

Ultimo aggiornamento: 31/08/2006